“FUORI CAMPO”, INTERVISTA A GIORGIO CAPECE

Secondo appuntamento di “Fuori Campo”, la rubrica domenicale con le interviste “a cuore aperto” ad alcuni dei protagonisti del Bitonto, per farvi sentire meno la mancanza dal calcio giocato e il distacco dai vostri amati leoni neroverdi, costretti ai box in queste settimane a causa dell’evolversi dell’emergenza sanitaria Covid-19.

Dopo le parole della scorsa settimana di capitan Lattanzio, idealmente indietreggiamo in campo di qualche metro, e dal reparto d’attacco ci fermiamo al centrocampo, cuore della pugna e della manovra: quest’oggi spazio a Giorgio Capece.

Ciao Giorgio. Subito una domanda “ambientale”: come ti trovi in Puglia? Ricordiamo ai nostri lettori che per te è la prima volta in carriera nella nostra regione.

“Sì, è la prima volta per me in Puglia, da calciatore ‘di casa’, e devo dire che l’ambiente mi ha colpito fin da subito. Mi sono trovato bene dal primo giorno qui a Bitonto ed il merito è stato anche di tutti i membri di questa grande società, sono stato accolto alla grande. Per varie ragioni, devo ancora visitare per bene la vostra città, anche se le immagini del centro storico che ho potuto vedere hanno destato l’attenzione e la curiosità mie e di mia moglie. Non vediamo l’ora di farci un bel giro tranquillo in centro; da quando siamo arrivati, infatti, siamo stati sempre a Bari, una città splendida e forse anche sottovalutata. Con il mare, soprattutto, che per me è fondamentale, essendo di Porto San Giorgio…”.

Un’altra prima volta che ci rende orgogliosi è il tuo essere “sceso” in Serie D, dopo aver giocato esclusivamente in C e addirittura in B, per due stagioni. Cosa ti ha spinto a vestire comunque la maglia neroverde, nonostante lo storico approdo nel professionismo sia sfumato all’ultimo minuto, per la nostra città?

“Il Bitonto aveva mostrato un forte interessamento per me già per il discorso-C ma, nonostante tutto quello che è successo dopo, ho avuto una così bella impressione alla prima chiamata che ho deciso di vestire la casacca neroverde anche in D. Non nascondo qualche titubanza iniziale, non avendo mai giocato al di sotto della Serie C, ma le altre offerte giunte dalle squadre di questa categoria non sono riuscite a convincermi più di quella dei Rossiello. E vuoi sapere perché? Perché io nella mia carriera ho sempre messo il progetto al primo posto. Qui mi è stato illustrato un programma ‘in prospettiva’ e non solo per cercare di far bene già quest’anno. Io sono un tipo per il quale gli stimoli sono tutto e nessuno è riuscito ad offrirmi, a prescindere dalla categoria, stimoli maggiori rispetto a quelli che posso trovare qui a Bitonto”.

Si è molto spesso parlato, forse anche troppo, di percentuali legate allo stato di forma della squadra, dopo un inizio di stagione oggettivamente ad handicap. A proposito di Giorgio Capece, sei al top della forma, abbiamo visto il calciatore che tutti si augurano possa trascinarci assieme ai suoi compagni verso traguardi importanti o no?

“Ero fermo da marzo quando sono arrivato qui, con il resto della squadra siamo stati subito mandati in campo ed io, come e più dei miei compagni d’altronde, non ero assolutamente al top della forma, eppure non intendo trovare scuse. Sia per le mie prestazioni sia per i risultati della squadra ad inizio stagione. Siamo forti, bisogna dirlo, quindi per noi provare a vincere ogni partita dev’essere un obbligo. Anche con l’Andria o con il Taranto avremmo potuto fare punti, ma ormai ciò che è stato è stato… Aggiungo che per noi queste tre settimane di duro lavoro di cui possiamo beneficiare a causa dello stop del Campionato saranno fondamentali, potremmo (il condizionale è d’obbligo, ndr) davvero tornare in campo a dicembre con tutt’altro sprint, con una forma fisica e un amalgama che purtroppo ci sono stati negati a settembre. Vi ricordo che per noi, a livello di preparazione atletica, le prime giornate sono state come le ultime amichevoli estive o i primi turni di Coppa…”.

Nella nostra recente intervista, Riccardo Lattanzio ha affermato che ad Altamura e a Francavilla si sono viste rispettivamente la migliore e la peggiore versione del Bitonto di questo primo scorcio di stagione. Condividi questa analisi del vostro capitano? Se sì, come spieghi la controprestazione contro i rosso-blu lucani?

“Concordo a pieno con l’analisi di Riccardo. Ad Altamura abbiamo battuto una squadra secondo me forte, al culmine di una grande partita giocata da noi, di carattere, coraggio e personalità. A Francavilla ci è mancato il giusto approccio, l’atteggiamento. Con un po’ più di agonismo, avremmo potuto vincerla perché il divario di qualità in campo, sulla carta, c’era tutto, ma purtroppo per noi non si è visto nell’arco dei novanta minuti. Servono umiltà e cattiveria agonistica ai massimi livelli contro tutte le squadre di questo nostro girone, altrimenti il tasso tecnico-tattico non basta da solo”.

Dall’alto della tua esperienza nel calcio professionistico, Bitonto e il Bitonto hanno tutto per poter ambire al grande salto di categoria già quest’anno o manca ancora qualche tassello fondamentale?

“Penso che qui ci sia tutto, siamo e siete già pronti. D’altronde lo si era visto anche nello scorso Campionato… La società non ci fa mancare nulla, quindi non abbiamo scuse in tal senso; dal materiale a disposizione, all’organizzazione, alla professionalità di uno Staff corposo, spesso nemmeno in C ho trovato un contesto lavorativo simile. Ti dico di più: secondo me, questa squadra potrebbe fare addirittura meglio in C che in questa categoria…”.

Da esordiente assoluto in D, qual è stato il tuo primo impatto personale con la nuova categoria? Si sa che al Sud ci si può cimentare nei gironi più competitivi della Quarta Serie nazionale o, quantomeno, esibirsi sui palcoscenici più caldi, dove la pressione addosso a voi calciatori è sicuramente maggiore che altrove.

“Torniamo agli stimoli… A parte gli inizi della mia carriera, negli ultimi anni ho sempre giocato nel Sud Italia, dove appunto il ‘calore’ degli stadi e delle città è ben diverso che a Nord. Per quanto riguarda la Serie D ed in particolare il nostro girone, sono d’accordo sul fatto che quelli meridionali sono quasi sempre i raggruppamenti più competitivi e in più servono qualità differenti, in questa categoria, rispetto alla B o alla C. Come ho già detto, la qualità da sola non basta… Inoltre, ho notato che tutti ci mettono qualcosa in più quando giocano contro il Bitonto, per via dei nomi in squadra e in panchina, per via del Campionato vinto lo scorso anno, eccetera… Di sicuro, la parola-chiave è ‘Agonismo’”.

Il tuo curriculum è di tutto rispetto, si evidenziava prima, e puoi vantare anche 25 presenze in B, con la storica casacca dell’Ascoli Calcio. Cos’hai portato nello spogliatoio del Leoncello e in campo di quelle due stagioni in maglia bianconera? Immaginiamo tu sia molto ascoltato dai tuoi compagni, anche per via del delicatissimo ruolo che ricopri sul rettangolo verde…

“A livello tecnico, spero di dare molto di più, perché ho l’obbligo di farlo. Ai più giovani rivolgo sempre una parola di supporto, un consiglio, a patto che non siano presuntuosi e non si sentano già arrivati a 18-19-20 anni! Devo dire che nel nostro spogliatoio non ho trovato giovani arroganti e poco umili, anzi, da noi sono tutti bravi ragazzi, sempre pronti ad imparare e ascoltare, nonostante molti di loro abbiano già parecchia esperienza nella categoria. Spero venga apprezzata la mia esperienza, accompagnata da tanta pazienza e dai buoni modi anche con i più piccoli che, ripeto, non sopporto solo quando fanno gli arroganti e non è un problema della nostra squadra questo. Tra l’altro c’è tanta altra gente di carattere ed esperienza nel nostro spogliatoio, un valore aggiunto per tutti”.

L’ultima domanda a cui ti tocca rispondere è legata a quell’attimo che, giocoforza, maggiormente esalta ogni calciofilo di questo Pianeta: il gol. Segnare non è mai stato il tuo “mestiere” (5 reti tutte in C realizzate in carriera, ndr), ma le tue responsabilità in campo sono altrettanto decisive, bazzicando la zona nevralgica del terreno di gioco. Puoi spiegare quali sono le tue caratteristiche tecniche, tattiche, professionali e temperamentali che possono far dormire sonni tranquilli ai tifosi bitontini?

“In mezzo al campo non mi risparmio mai, oltre a cercare con le geometrie, con la calma nelle giocate e con qualche suggerimento o calcio piazzato smarcante di mettere i compagni nelle condizioni di giocare bene. Ogni giocatore deve sudare la sua maglia, i tifosi apprezzano questo, che si vinca o si perda. Io sto cercando anche di sbagliare il meno possibile, con l’esperienza, per sopperire a quella forma fisica non ottimale di cui si parlava all’inizio. Il mio ruolo lì in mezzo al campo è molto delicato, anche in fase difensiva, per questo i piedi buoni e le idee non possono essere le uniche doti disponibili. Per quanto riguarda i gol personali, infine, non mi pesa affatto farne pochi, però, se mi facessero battere qualche calcio piazzato in più potrei stupirvi… (ride, ndr)”.