LE INTERVISTE DEL CENTENARIO. PUNTATA 11

Ti ricordi… Nicola Vitale?

Dodici mesi, dodici uscite dedicate ai grandi protagonisti della storia calcistica neroverde, il più che meritato e doveroso tributo ad alcuni degli attori indimenticabili che hanno scaldato le domeniche pallonare dei bitontini nell’ultimo cinquantennio, facendoci esultare per un gol, una parata, una giocata in mezzo al campo, un intervento difensivo o semplicemente perché hanno indossato la Nostra maglia davvero con lo spirito dell’indomito Leoncello…

Le interviste del Centenario sarà la rubrica che vi terrà compagnia nel corso di questo 2021 che coincide con il compleanno secolare del Bitonto Calcio, cento anni attraversati da gioie, dolori, speranze, delusioni, vittorie esaltanti e cadute dolorosissime. Momenti caratterizzati, sempre e comunque, nel bene o nel male, da un comune denominatore: la passione sportiva di una città che non ha mai smesso di lottare e rialzarsi.

Undicesima e penultima uscita della rubrica riservata ad alcuni degli Uomini che hanno attraversato i primi cento anni di storia del calcio bitontino.
Stavolta tocca a Nicola Vitale prendersi il meritato, doveroso palcoscenico mediatico. Classe 1954, imberbe raccattapalle durante l’infanzia e la prima adolescenza, poi, crescendo, “libero” dalla tecnica invidiabile e dall’acuta visione di gioco, da adulto, appassionato Presidente (e anche Dirigente a tutto tondo) e, infine, tifoso immancabile sugli spalti del “Città degli Ulivi”. Com’è facilmente intuibile, Nicola ha dedicato davvero una vita al nero ed al verde. I colori della sua terra natale, i colori del cuore, dell’anima, di un’intera Famiglia che ha legato per decenni, con orgoglio, il proprio cognome alla squadra della nostra città.
Parlare con lui equivale a sfogliare l’album dei ricordi del Bitonto Calcio: nomi di giocatori e allenatori, aneddoti, cronache, pensieri e parole per cui non basterebbero nemmeno dieci pezzi dedicati a volerli illustrare tutti. Un autentico libro di storia calcistica vivente, raccontato da un uomo equilibrato, lucido, legatissimo alle sorti dello Sport più popolare tinto di neroverde, il ritratto perfetto del saggio Leoncello che ama raccontare e raccontarsi agli “eredi spirituali”, mettendo sempre in primo piano l’aspetto più importante: il Bitonto vissuto come grande amore di un’intera esistenza. Senza mai risparmiarsi, senza mai tradirlo, costantemente al suo fianco ed anche perdonandolo nei momenti più difficili…
Signori e signore, a voi Nicola Vitale.

Ciao Nicola, partiamo con una domanda molto semplice ma a suo modo “totalizzante”: cos’ha rappresentato nella tua vita il Bitonto Calcio?

“Sicuramente ha rappresentato un’esperienza molto lunga e molto importante della mia vita e questo perché sono appassionato di Calcio fin dai miei primi passi, quando ho iniziato a giocare vedendo sempre nel Bitonto, la squadra della mia città, la meta più ambita e prestigiosa da raggiungere. E ci sono riuscito, prima da giocatore e poi da Dirigente-Presidente, dando tutto me stesso e anche qualcosa in più, come vi racconterò successivamente…”

I ruoli ricoperti, in un arco di tempo davvero lungo una vita intera…

“Innanzitutto, da piccolo ho fatto il raccattapalle durante le partite in casa, poi ho fatto il calciatore, a seguire anche il Direttore Sportivo e il Presidente. Oggi faccio solo, ma con infinita passione, il Tifoso del Bitonto. Da calciatore neroverde ho fatto una prima esperienza, da giovanissimo, subito dopo il settore giovanile giocando nel Bitonto per tre anni, in Quarta Serie, dove insieme a mio cugino Cesare Vitale e a Lello Aruanno eravamo il gruppo dei ragazzi ‘selezionati’ proveniente dall’Ambrosiana, una società bitontina che faceva appunto calcio giovanile. Dopo questi primi tre anni, sono stato ceduto al Corato in cambio di uno dei più grandi attaccanti che abbiano mai giocato a Bitonto, vale a dire Matteo Di Gennaro il quale purtroppo non è stato menzionato durante le celebrazioni per il Centenario avute in città quest’estate. È vero, ha avuto soltanto una breve parentesi qui a Bitonto ma era fortissimo, infatti è poi passato in Serie C, al Monopoli. Dopo Corato, sono tornato ed ho giocato due anni in Eccellenza, che però all’epoca si chiamava Promozione. Sono poi nuovamente andato via, in quanto acquistato dal Noicattaro, ed infine sono di nuovo ritornato, dopo altri due anni lontano da Bitonto fra o nojani e un Corato-bis, per il mio ultimo anno da calciatore. In quelle stagioni, mi sono ritrovato spesso a giocare titolare anche nella rappresentativa pugliese, nel ruolo di libero, ovviamente. Stiamo parlando di un arco di tempo andato dal 1974 al 1985; subito dopo aver smesso, ho intrapreso l’esperienza da Dirigente, prima come DS e successivamente come Presidente. A parte una piccola pausa dove ho fatto solo il tifoso, sono rientrato a far parte dell’U.S. come massimo Dirigente insieme a Pino e Vincenzo Cariello ed a Giovanni Santoruvo. A partire dal 2005, ho fatto altri tre/quattro anni e poi ho lasciato definitivamente ‘la scrivania’, diciamo così… Da allora ad oggi, ho continuato però ad essere presente sugli spalti del ‘Città degli Ulivi’, c’ero anche domenica 14 novembre contro il Bisceglie”

Cosa senti di aver dato tu ai colori neroverdi e, al contrario, cosa ha dato a te il Bitonto?

“Al Bitonto ho dato una grossa parte del mio cuore e continuo a darlo. Purtroppo, devo dire che ho ricevuto meno gioie e più dolori, ahimè… Per amore verso il Bitonto, ho anche subito un grave incidente stradale in auto, di ritorno da Roma, dov’ero andato assieme al Presidente di allora, Santoruvo, per il ripescaggio della squadra in Serie D, dopo aver perso lo spareggio con il Noicattaro (ripescaggio che poi c’è stato, ndr). In quella drammatica occasione, ho rischiato la vita e ‘sacrificato’ del tutto la mia macchina, poiché coinvolto in un incidente stradale mortale, che mi ha costretto a stare fermo anche con la patente. Al contrario, il momento più bello che mi ha regalato il Bitonto è stato proprio quel primo posto in Eccellenza, a pari punti con il Noicattaro; inoltre, ho avuto l’onore e l’orgoglio di gestire nell’esperienza della mia prima Presidenza neroverde – e ci tengo anche a precisare che ero da solo al comando del Bitonto Calcio, come sta facendo da qualche anno il Presidente Francesco Rossello – una delle squadre riconosciute come fra le più forti di sempre nella storia del Bitonto”

Gli allenatori che ricordi con maggior affetto. Sia da Presidente sia da calciatore, perché immaginiamo ci sia stato un notevole “cambio di prospettiva” nel passaggio fra i due ruoli…

“Fra gli allenatori ricordo con piacere e affetto sicuramente Tonino Di Gioia, il mister che dal settore giovanile dell’Ambrosiana mi ha voluto nel Bitonto in Quarta Serie. Importanti sono stati anche mister Sandron e Peppino Colasanto, che oltre ad essere stato un mio allenatore, per me è stato anche un padre, all’occorrenza amico, perché in settimana ogni tanto si andava insieme a cenare. Parliamo di persone davvero importanti per me nell’esperienza calcistica e di vita. Successivamente, nella mia seconda esperienza come calciatore a Bitonto, un ruolo determinante e indimenticabile lo ha avuto mister Filippo Amici, il quale in quel periodo era calciatore-allenatore e a lui devo tanti insegnamenti calcistici. Come poi non ricordare l’indimenticato Nicola Putignano o anche mister Pasquale Picci e mister Francesco Ciampoli, ex calciatore di Cagliari e Pescara, tutti allenatori avuti sotto la mia Presidenza. Una mia ‘scoperta’ è stato il grande Vito Sgobba e, ancora, nell’altra mia esperienza bitontina non dimenticherei assolutamente – perché lo apprezzo ed è un mister vincente – Nicola Ragno. Infine, c’è stato Pino Brescia, che ha cominciato a fare l’allenatore sotto la mia Presidenza, voluto da me in persona, e oggi Pino Brescia fa parte dello Staff tecnico di Stroppa a Monza, in Serie B!”

A quali compagni di spogliatoio sei invece rimasto legato? Magari amicizie rimaste intatte negli anni.

“Di compagni di squadra ne ho avuti tantissimi, con i quali ho condiviso molte belle esperienze, però, fra questi ce ne sono alcuni con cui si sono creati rapporti di sincera amicizia. Lello Aruanno, sicuramente, sia sul campo che fuori è tra quelli più importanti; ci sono anche Nicola Rubini e bomber Ciccio Labianca, con il primo abbiamo condiviso delle trasferte al seguito del Bitonto Calcio. Altri nomi che ricordo e faccio volentieri sono quelli di Vito Delmonte, il portierone di Acquaviva, o di Gianfranco Cannone, che ho avuto l’onore di avere come capitano del Bitonto durante la mia Presidenza tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. Ho davvero tanti amici tipo Mimmo Ricciardi, Antonio Sblendorio e Alberto Perrini tutti amici diciamo ‘a distanza’, perché chiaramente le nostre vita ci hanno portato verso altre esperienze, però il rispetto e la stima non sono mai scemate. Ci sarebbero anche gli amici più giovani di me come Michele Marinelli e Salvatore Ercole o mio cugino Giovanni Vitale, insomma, fra bitontini e non ho conosciuto tante belle persone con cui ho condiviso le battaglie sul campo, ma anche momenti importanti fuori dal campo. Oggi magari ci sentiamo per gli auguri o ci scambiamo delle telefonate per chiacchierare un po’ perché fa piacere poterli salutare in qualsiasi momento. Loro ci sono sempre e io lo so bene”

Di recente ti abbiamo visto nuovamente molto vicino al mondo Bitonto Calcio, prendendo parte anche ad una trasmissione del Channel dedicata interamente ai tifosi neroverdi. È un ritorno di fiamma o, in realtà, non ti sei mai del tutto allontanato dal tuo grande amore sportivo?

“In realtà, non mi sono mai allontanato del tutto dal Bitonto Calcio, se non in una parentesi successiva alla mia prima esperienza da Presidente, intorno alla fine degli anni Ottanta-inizio Novanta, quando si militava sempre in Serie D, anzi per la precisione allora si chiamava Interregionale. Come spiegavo prima, sono poi tornato a farne parte, prima come Dirigente e DS ai tempi della Presidenza di Santoruvo, però ci terrei a precisare che ero un Direttore Sportivo particolare, che i soldi li metteva anziché essere pagato…”

Il tuo rapporto con la Famiglia Rossiello.

“Per quanto riguarda la Famiglia Rossiello, ti dico che sono stato amico del papà di Francesco, il compianto Pino che il Covid ci ha portato via quest’anno. Anche se lui era più grande di me, abitando nella stessa zona, da ragazzini abbiamo più volte giocato insieme a pallone e abbiamo avuto diverse esperienze assieme ‘da adolescenti’. Conosco dunque Francesco Rossiello fin da quando lui era un ragazzino, anche se forse non lo ricorderà, e con il suo ingresso da Presidente nel mondo del Calcio ci siamo riavvicinati, scambiando anche delle impressioni sul Bitonto un paio di volte. Quando l’Omnia salì in Eccellenza e in città c’erano due squadre, provai pure ad avvicinare lui e Ciccio Noviello, allora Presidente dell’U.S.; non sono mai stato per il dispendio di energie, perché sono sempre stato convinto, invece, che mettendo insieme le forze si sarebbe potuto creare qualcosa di ancora più grande di quello che comunque Rossiello e l’Omnia stavano facendo. Tra me e Francesco, posso dire che esiste rispetto reciproco e un affetto sincero. Mi piacerebbe sinceramente che in futuro venissero coinvolti di più i protagonisti del passato dell’U.S. Bitonto Calcio. Non è una critica, ci mancherebbe, anche perché sta facendo qualcosa di eccezionale per i colori di questa città. Diciamo che è più un sogno che ho, quello di rivedere nella Dirigenza qualche vecchia bandiera neroverde”

Ora ti facciamo una domanda inedita, quindi che non è stata posta a nessuno dei protagonisti delle precedenti uscite di questa rubrica: come sono i tifosi bitontini? Sappiamo di poterlo chiederlo a te perché adesso lo sei anche tu a tempo pieno, anzi, lo sei sempre stato (lo hai a più riprese rimarcato) e, soprattutto, tu hai potuto vivere sulla tua pelle, da giocatore prima e da Dirigente / Presidente dopo, gli sbalzi d’umori decennali di una “razza calcistica” da sempre abbastanza particolare, caldissima all’occorrenza ma anche molto critica e a suo modo distaccata nei momenti di difficoltà. Dall’alto della tua esperienza e del tuo DNA neroverde, illuminaci!

“Circa i tifosi, io li distinguerei dagli Ultras di una volta, che grazie a Dio non sono più gli stessi di qualche tempo fa, quando erano molto più indisciplinati e commettevano delle sciocchezze, come quelle di buttare le bombe-carta in campo o gettare pietre e ferire gli assistenti degli arbitri… Per fortuna, questo non esiste più a Bitonto e devo dire che comunque sono sempre stati molto attaccati alla squadra, i nostri Ultras, più della massa restante dei tifosi che costituiscono la maggioranza ma che vengono la domenica allo stadio pur non conducendo una ‘vita attiva’, dal punto di vista del tifo, durante la settimana. Ahimè, questa maggioranza viene allo stadio più per criticare l’allenatore o qualche calciatore e solo quando vanno bene le cose si zittiscono. Il tifo bitontino è questo, che poi non si discosta molto dagli altri in zona, a mio parere. Siamo un po’ freddi, è vero, e quando dobbiamo manifestare il massimo calore alla squadra in difficoltà, pecchiamo… Non dovremmo essere come le bandiere che vanno dove tira il vento, perché finché vanno bene le cose, il tifoso c’è e tifa, esulta, canta, eccetera, mentre quando la situazione peggiora, i bitontini cominciano a sbraitare, non vanno più al campo e criticano tantissimo. Allora noi (da notare la prima persona plurale, tanto è forte ancora l’attaccamento di Nicola ai colori neroverdi, ndr) faremo in modo che i risultati vengano per far stare i tifosi sempre dalla nostra parte! Infine, posso aggiungere che l’affluenza allo stadio è intorno ai mille spettatori, quando le cose vanno a gonfie vele, e sono oggettivamente pochi, per una città grande quanto Bitonto… Speriamo allora nella Serie C per farli diventare di più, così ne saremo tutti quanti più felici”

L’ultima domanda è sul Bitonto 2021/2022. Senza entrare nel merito delle scelte tecnico-tattiche di chi di dovere, possiamo vincerlo questo girone H, come al solito ipercompetitivo (d’altronde tu lo sai meglio di me…)? Abbiamo tutto per essere i migliori?

“La squadra è un po’ compassata in questo momento, ma è forte. È una squadra fatta di elementi d’esperienza e di levatura superiore rispetto a questa categoria. Tuttavia, credo anche che sia una squadra un po’ avanti con l’età media, nonostante le grandi squadre debbano avere anche giocatori ‘grandi’ a trainare i meno esperti. Sicuramente faremo valere il nostro valore tecnico e tattico, alla distanza. Se aggiungessimo qualche giocatore più giovane e/o dalla personalità forte, che ad esempio si prenda più spesso la responsabilità di saltare l’avversario nell’uno contro uno, sarebbe molto meglio. Perché è importante avere questo tipo di giocatori, come ad esempio Strambelli che a me piace tanto, ma senz’altro lotteremo fino alla fine per tentare il salto di categoria, come tutti ci auguriamo…”