IL RITRATTO. IL BITONTO NEGLI OCCHI DI GIUSEPPE ROSSIELLO

La Famiglia Rossiello è a capo del calcio bitontino già da qualche anno, prima dando il suo apporto in silenzio e nell’ombra ad una società e ad un gruppo di amici naviganti ormai a vista nell’infido mare del calcio dilettantistico, poi prendendo direttamente e saldamente in mano le redini della situazione. Famiglia Rossiello, abbiamo di proposito principiato, perché è vero che Francesco incarna fin dal primo momento la presidenza di questo New Deal del pallone nostrano, mettendoci la faccia (e non solo…) nella buona e nella cattiva sorte, ma è altrettanto sicuro che alle sue spalle c’è una certezza ancor più solida e tranquillizzante del suo stesso impegno personale: la sua famiglia, appunto.

Abbiamo incontrato e scambiato sul serio “due chiacchiere” – tecnicamente, non la si può nemmeno inquadrare come un’intervista classica, pura – con il sig. Giuseppe Rossiello, da questa stagione Presidente onorario dell’U.S. Bitonto Calcio e, soprattutto, orgoglioso pater familias settantatreenne (“Settantatré già compiuti, vado per i settantaquattro, scrivilo senza problemi perché ne sono fiero”), a suo dire poco loquace, simpatizzante juventino e, incredibile ma vero, che non aveva mai messo piede in uno stadio fin quando l’ambizioso Francesco non l’ha coinvolto/travolto nella sua avventura pallonara. “Quella di entrare nel mondo del calcio con la nostra azienda è stata un’iniziativa autonoma di mio figlio. Anzi, ci tengo a dire che le mie idee spesso sono state diverse da quelle di Francesco, in merito al Bitonto Calcio; per tanti aspetti lui vede quest’avventura con occhi differenti dai miei, sarà pure per l’età… Io mi prefiggo tempi e scadenze, ad esempio, lui invece si fa trascinare così tanto dall’entusiasmo che guarda molto oltre, non intende nemmeno immaginarsi alla ‘fine della corsa’, corre e pensa sempre in avanti. Tornando a me, sono abbastanza appassionato di calcio, ma il ‘Città degli Ulivi’ è il primo stadio in cui sono entrato da tifoso. Fino al mese di luglio del 2019, quasi avversavo Francesco e la sua decisione, poiché vedevo questo impegno come tempo sottratto a sé, alla sua famiglia e al lavoro. Quasi un potenziale danno per lui e invece a Camerino, in ritiro, è nato un amore incredibile verso il gruppo-Bitonto Calcio in tutte le sue sfaccettature, anche per me e mia moglie. Da allora, io e mia moglie abbiamo iniziato a frequentare lo stadio tutte le domeniche”, sottolinea subito.

In effetti, da parte di Francesco, qualche piccola bugia bianca a fin di bene e un paio di tranelli concreti sono stati messi in atto in questi anni, pur di avere vicinissimo a sé gli amati genitori anche nell’avventura sportiva oggi caratterizzata da forti tinte neroverdi… Nella suddetta Camerino, ad esempio, ce li mandò con la scusa della vacanza estiva immersa nella sacra quiete dell’ondulato entroterra marchigiano, mentre il coinvolgimento ufficiale di papà Giuseppe, a livello di cariche societarie, è stato possibile grazie ad una voluta “omissione”: “A dire la verità, sapevo solo di essere un socio dell’U.S. Bitonto Calcio, poi sempre più persone hanno iniziato a chiamarmi ‘presidentissimo’, ma pensavo si trattasse esclusivamente di una carineria, un modo di dire dell’ambiente e invece… Io comunque non ho mai letto da nessuna parte che sono il Presidente onorario della squadra, dov’è scritto? Francesco mi ha tenuto all’oscuro di tutto!”, ribadisce con il sorriso sulle labbra. Una volta soddisfatta ogni curiosità, in tempo reale, il sorriso si allarga ancor più di prima e quegli occhi vissuti, resi più espressivi dall’ormai inseparabile, per tutti noi, mascherina protettiva, letteralmente s’illuminano di una toccante felicità, di un pudico orgoglio difficile anche da descrivere.

Parlare con il papà del Presidente del Bitonto Calcio, riavvolgere il nastro della sua vita lavorativa (“Lavoro dall’età di 18 anni. 35 li ho passati in FIAT come caporeparto-quadro, prima a Torino, poi a Lecce e infine a Bari, dove mia moglie ha trascorso una vita da maestra di scuole elementari, al San Paolo, precisamente. Dal 2005 sono in pensione, ma nel frattempo avevo già ampliato all’esterno la mia esperienza professionale in FIAT, ponendo le basi di quella che sarebbe diventata l’azienda di famiglia”), ascoltare i suoi racconti, i modi di fare e pensare ereditati dagli avi, portatori di immarcescibili valori umani, è stato come sedere di fronte a quei nonni che ti fanno rimanere lì impalato a prestare attenzione ad ogni singolo aneddoto, ad ogni singola frase, parola per parola… E come un papà-nonno, in base alla loro età, hanno via via imparato a conoscerlo anche i calciatori, gli uomini, i giovani che hanno vestito la casacca neroverde in questi anni.

“Da quel famoso ritiro di Camerino, dove, vivendo a stretto contatto con la squadra per più giorni di fila, ho imparato ad ‘innamorarmi’ di chi lavora per il Bitonto Calcio, sono abituato a restare in contatto con tutti i calciatori, tramite WhatsApp o chiamandoli direttamente al telefono. Tutti si affezionano subito a me, prim’ancora che a Francesco (ride, ndr), e con ognuno di loro si viene a creare un rapporto che va molto oltre il calcio. Parliamo delle loro famiglie, dei loro bimbi ed è vero che mi trattano e rispettano come un padre o un nonno. Credo che il punto di forza e di debolezza della Famiglia Rossiello sia, allo stesso tempo, proprio questa nostra facilità nell’affezionarci ai ragazzi che lavorano con noi, infatti, lo stesso vale per i dipendenti dell’azienda”, ci racconta a cuore aperto.

Eppure, rendere “sostenibile” la gestione di una società sportiva dilettantistica in un’ottica pluriennale, parallelamente alle attività economiche di famiglia, non è affatto facile. A maggior ragione ai tempi della pandemia, anche se da fuori sembra tutto rose e fiori…

“Nel dilettantismo, a livello monetario, si perde e basta. Ci si guarda allo specchio ad inizio anno e si dice: ‘Quest’anno ci prefissiamo di perdere X mila euro, nella gestione sportiva del Bitonto Calcio’. Le categorie dilettantistiche sono da sempre così e, quest’anno in particolare, noi siamo ancora al timone soprattutto per dare lustro, voce alla città di Bitonto, in cui io e mia moglie affondiamo le radici da generazioni. Anche da un punto di vista gestionale, la Serie C e il professionismo sarebbero molto meglio di una D senza introiti extra-sponsor: dopo il maltolto giudiziario, un altro buon motivo per credere ancora e con più forza nel salto di categoria…”, evidenzia a tal proposito, il dirigente sportivo-imprenditore Giuseppe Rossiello.

L’assist è servito. Impossibile, a questo punto della chiacchierata confidenziale, non parlare della tremenda estate pallonara vissuta dalla squadra, dai tifosi e, ovviamente, da chi sorregge sulle proprie spalle tutta la “giostra” del ludus più amato anche dai bitontini…

“Il raggiungimento sul campo della Serie C ha rappresentato l’apice toccato con mano dalla nostra gestione, anzi, dall’intera storia della nostra città sportiva. Ma, poco dopo, si è trasformato nel momento più drammatico, più duro, che non avrei mai voluto vivere… Ho visto mio figlio giù di morale come mai prima ed è stato proprio allora che mi sono rimboccato nuovamente le maniche e sono sceso ancor più ‘di persona’ in campo, per difendere lui a spada tratta e cercare di far capire ai tifosi, in primis, ma anche a tutti coloro che hanno seguito la vicenda da fuori, che i Rossiello non c’entravano e non c’entrano nulla con quella bruttissima storia. Infatti, siamo ancora qua, con un fortissimo desiderio di riscatto dentro, nonostante gli ‘schiaffi’ presi siano stati tanti ed alcuni molto molto dolorosi… C’è stato un primo momento in cui sembrava ormai inevitabile mollare, lo ammetto, perché sia io che Francesco eravamo troppo abbattuti e ci siamo sentiti umiliati da tanta mala-informazione, addirittura cattiva, in certi casi. Nella nostra famiglia, tuttavia, siamo tutte persone di carattere, come quei calciatori grintosi che non vogliono perdere: non potevamo uscirne sconfitti così, ingiustamente. Per fortuna, siamo altresì persone che riescono a dimenticare in fretta il male subito, ove necessario, e ora non intendo affatto allontanarmi da Francesco, da Bitonto e dal Bitonto”. Qui, un autentico fiume in piena di pensieri e parole, il sig. Rossiello con le sue ferite non ancora del tutto cicatrizzatesi, però non perde mai l’equilibrio, la pace interiore e l’invidiabile capacità di trasmettere sicurezza, serenità a chi gli sta di fronte.

Dopo circa un’ora di amabile conversazione, la doverosa chiusura e i saluti a tutti i concittadini-tifosi, con tanto di auguri per un nuovo anno all’insegna del riscatto, della rinascita e…del Centenario neroverde: “Partiamo proprio dal Centenario, vorremmo tanto festeggiarlo come immaginiamo noi e non aggiungo altro. Ripetersi nello sport è difficile, lo so, ma noi crediamo ancora in un 2021 doppiamente speciale… Poi, che sia o no Serie C, i Cento Anni del Bitonto verranno comunque festeggiati a dovere. Sarà il Centenario di tutti i bitontini, tifosi e non, di chi ha sofferto insieme a noi quest’estate e di chi non segue più il Bitonto da anni. Saluto i lettori, i miei cari concittadini e spero di cuore che il prossimo possa essere un anno diverso dal 2020, con salute, fiducia e serenità per chiunque”. Ci associamo al 100%. Che il countdown abbia inizio…!