“FUORI CAMPO”, INTERVISTA A CAPITAN RICCARDO LATTANZIO

Per le ben note cause di forza maggiore, il Bitonto Calcio è stato fermo ai box in questo weekend sportivo e, ahinoi, vi rimarrà (minimo) per altre due settimane piene. Tuttavia, i lavori in campo dei nostri leoni vestiti di neroverde non si sono mai arrestati, anzi, l’ormai inevitabile stop imposto diventerà sicuramente la migliore delle opportunità possibili concessa al “generale” Ragno ed al suo pacifico plotone per riordinare le idee e, soprattutto, allenarsi al meglio in vista della ripresa agonistica fissata, per il momento, al 29 novembre. In assenza di cronache, tabellini, conferenze stampa, gioie e dolori legati al rettangolo verde domenicale, abbiamo pensato di tenervi compagnia nelle prossime settimane con tre uscite “a cuore aperto” firmate da altrettanti protagonisti assoluti della nostra amata squadra cittadina: Riccardo Lattanzio, Giorgio Capece, Andrea Petta. Perché l’Amore è il classico sentimento che va continuamente alimentato, a prescindere da tutto il resto che vi gira intorno, inoltre, vanno conosciuti a fondo i beneficiari della nostra passione incondizionata e loro, di contro, devono sempre sapere chi – e come – li sostiene con infinita fiducia. A distanza o in presenza, non importa…

Possono bastare queste motivazioni per dare senso a “Fuori Campo”, una serie di interviste domenicali per farvi sentire meno la lontananza dai colori che più preferite.

Ciao Riccardo. Lo stop forzato di tre settimane ci consente di tirare le prime somme parziali su questo inizio di stagione. Non sono stati mesi facili, purtroppo è noto a tutti, ma voi attori principali in campo quale autovalutazione avete fatto delle prestazioni viste nelle sei partite fin qui disputate?

«Siamo partiti in grande ritardo, con una squadra costruita in pochi giorni rispetto all’inizio del campionato. Il fatto di essere stati mandati immediatamente in campo non solo ci ha compromesso in partenza le partite contro Fidelis Andria e Taranto, ma non ha permesso al nostro allenatore di lavorare come si deve, gradualmente e da subito con le sue idee di calcio. Non è stato facile per lui e di conseguenza non è stato facile nemmeno per noi giocatori. Inoltre, uno spogliatoio ha bisogno di conoscersi bene, alla perfezione, per diventare una famiglia e legarsi alla causa comune, alla maglia, alla piazza. Abbiamo saltato pure il ritiro pre-campionato, pensa un po’… Per questi motivi, secondo me, si è fatto già tanto e la grandissima prestazione di carattere, da Squadra con la maiuscola vista ad Altamura deve far ben sperare. Quella è stata la nostra miglior partita fin qui, mentre la peggiore è stata l’ultima a Francavilla e non abbiamo scuse per quanto visto in Basilicata. Dobbiamo fare molto di più, ne siamo consapevoli, c’è da pedalare tanto ed io sono assolutamente ottimista per il futuro di questa stagione…».

Quindi non siete preoccupati per l’attuale posizione in classifica e per il distacco dai piani altissimi della graduatoria? Considerando anche i tanti recuperi di Brindisi, Casarano, Lavello, Taranto e Altamura (le squadre al momento appaiate o davanti al Bitonto, ndr) che andranno in scena nelle prossime settimane.

«No, perché non è il momento, questo, di starsene lì a fissare la classifica e ‘deprimersi’, non è una priorità adesso. I valori di una squadra (e noi ne abbiamo tantissimi a disposizione) si vedono verso febbraio-marzo ed io, lo ripeto, sono molto fiducioso».

Tu sei fra i pochissimi riconfermati di questo Leone ferito alla ricerca di riscatto, senz’altro, ma anche di una serenità e di un equilibrio definitivi, dopo i tormenti estivi. Da “reduce” e capitano di un gruppo largamente rinnovato, in chi o cosa trovate la fonte vitale da cui attingere fiducia, entusiasmo e forza di ripartire con ambizione? Non potete nemmeno beneficiare del sostegno di tutto il popolo neroverde che l’anno scorso vi ha trascinato fino alla vittoria del Campionato…

«Io e pochi altri superstiti della scorsa stagione abbiamo vissuto la fase delicatissima di fine estate, la chiamerei ‘di transizione C-D’ e vi posso garantire che il merito di non aver fatto saltare tutto per aria è di una sola persona: Francesco Rossiello. In qualità di Presidente, avrebbe potuto tranquillamente mollare, dopo il maltolto e tutto quello che ne è seguito anche a livello mediatico, ma non lo ha fatto. È testardo, ambizioso, con un obiettivo fisso in testa e nessuno può cancellarglielo. Il granitico progetto-Bitonto della Famiglia Rossiello è la fonte di ogni entusiasmo e ambizione, infatti, chi vi si avvicina deve sapere che per restarci dentro l’unico modo è dare il massimo e oltre per loro. Vale per i calciatori, per lo Staff ed anche per i tifosi ora costretti a seguirci da lontano».

A proposito di pubblico e stadi vuoti, quanto reputi fondamentale, in un contesto come la Serie D – Girone H, la presenza / assenza dei tifosi, soprattutto in piazze facili ad accendersi come la nostra? Secondo te, questo aspetto può addirittura condizionare l’andamento dell’intera competizione?

«Per un calciatore è molto importante avere il pubblico a favore, è stupendo giocare con tanta gente allo stadio sempre pronta ad incitarti. Soprattutto in casa, l’anno scorso, la nostra tifoseria è stata davvero la 12^ maglia neroverde in campo, trascinandoci come hai detto tu fino al primo posto in classifica! Ma quello dell’assenza di pubblico è un problema di tutti, vale per noi, ma vale anche per tante altre piazze calde presenti nel nostro girone, quindi ti dico che le motivazioni dobbiamo trovarle a prescindere dal pubblico. Siamo il Bitonto, abbiamo una grossa squadra e il vincolo delle ‘porte chiuse’ non dovrà mai essere una scusa per noi. Se qualcuno lo farà in questo campionato, vorrà dire che evidentemente aveva bisogno di un alibi…».

Taurino-Ragno, persone e allenatori con le loro peculiarità, apparentemente senza punti in comune. Tu che hai avuto modo di lavorare con tutti e due (riscuotendo da entrambi stima e fiducia in gran quantità), quali sono le maggiori differenze e le eventuali analogie fra questi due leader carismatici? «Non me la sento di fare troppi paragoni, per un semplice motivo: Taurino ha avuto tanto tempo a disposizione (e ‘tranquillità’) per lavorare fin dall’inizio sul suo progetto di squadra, Ragno no. Ma conosco troppo bene il mister e la sua idea di calcio arriverà a destinazione, questa pausa-campionato sarà fondamentale. Taurino, in relazione all’età ed alla poca esperienza fatta fin qui in panchina come primo allenatore, è secondo me un potenziale top trainer a livello nazionale, tra i più forti che abbia mai avuto in carriera. Ragno mi ha avuto anche a Bisceglie e siamo riusciti a vincere insieme: è un ‘martello’ notevole pure lui… Non ha bisogno di tante presentazioni, sappiamo tutti che è un cavallo di razza. Sono diverse le loro metodologie, ovviamente, il mister ad esempio vuole sempre la superiorità numerica lì davanti, ma a me vengono chieste più o meno le stesse cose (tante!) dell’anno scorso (sorride di gusto, ndr). Mi ‘sbattevo’ tanto in attacco con Taurino e continuo a farlo con enorme piacere e senso di appartenenza anche quest’anno, perché un calciatore deve a prescindere assecondare le richieste del proprio allenatore, se queste sono totalmente finalizzate al bene della squadra, alla vittoria. E l’idea di squadra vincente che ha in mente mister Ragno non si è ancora vista, c’è da fidarsi, tranquilli… Dobbiamo soltanto lavorarci su intensamente e queste tre settimane a disposizione ci permetteranno di farlo serenamente, con la doverosa cattiveria ed allo stesso tempo con il sorriso, ma solo una volta rientrati nello spogliatoio. In campo, nessuno scherzo, testa bassa e pedalare!».

E lo spogliatoio, ha già raggiunto quella coesione, quella confidenza, quella “familiarità” imprescindibili per trasformare una folta rosa di calciatori dai curricula notevoli in un granitico gruppo fraterno pronto a tutto, con convinzione e attaccamento alla maglia, per la causa comune?

«Il nostro gruppo è spettacolare, credetemi. Coeso, affiatato e fin troppo scanzonato in certi momenti… Ci sono tante persone che hanno giocato davvero a calcio, da professionisti, perciò tutti conoscono bene i limiti che non vanno mai superati in uno spogliatoio. L’assenza del ritiro estivo è stata purtroppo fondamentale, perché bisogna conoscere a fondo il carattere di ogni singolo compagno di squadra, per non urtare la sua sensibilità, anche nei momenti più scherzosi, per avere sempre la chiave giusta per aiutarlo, per dialogare correttamente, eccetera. È un gruppo nuovo al 90% ed è impensabile che saremmo riusciti da subito ad ottenere la stessa alchimia dello scorso anno».

Chiudiamo con due domande più strettamente personali, rivolte al Riccardo Lattanzio uomo-simbolo del Bitonto Calcio e professionista impeccabile ormai legato anche alla città di Bitonto. Cos’hai trovato di speciale qui da noi? Ricordiamo ai nostri lettori che nella tua carriera non ti è mai capitato di rimanere per più di tre anni di fila nella stessa società (Vigor Lamezia, dal 2009 al 2012, ndr): sei pronto a battere questo record?

«Perché no?! Ringrazio ancora, però, i miei compagni di squadra facenti parte del gruppo proveniente dall’Eccellenza, che l’anno scorso mi hanno accolto stupendamente, e la Famiglia Rossiello che mi ha fatto sentire sempre uno di loro. Altrove, il mio percorso professionale si è interrotto spesso sul più bello, invece a Bitonto è diverso… Allenatori e staff, dirigenza e presidenza mi hanno fatto sentire importante fin dal primo momento, mai non un ‘numero’. Io sono un tipo che ha bisogno di continuità e in passato non è andata proprio così. Dopo quanto fatto insieme la scorsa stagione e dopo tutte le tempeste affrontate quest’estate, per questa grande società, non abbandonare la nave era il minimo che io potessi fare. Sono stato scelto anche per indossare la fascia di capitano e mi auguro di cuore di non deludere mai, di essere sempre all’altezza di chi ha creduto in me».

Fin qui hai realizzato tre reti, tutte su rigore, e sei il capocannoniere della squadra. Sei soddisfatto del tuo score realizzativo personale? Ti manca il gol su azione o non è più di tanto un’ossessione?

«L’attaccante vive di gol, si sa, però il bellissimo precedente dello scorso anno mi ha fatto in un certo senso cambiare le prospettive… A maggior ragione se penso alle tante reti stagionali segnate altrove in passato, non sono soddisfatto del mio score realizzativo, non lo nascondo, anche se i tre rigori trasformati fin qui sono risultati decisivi per vincere e sono fiero di essere il capitano-rigorista della squadra, è una grossa doppia responsabilità, molto stimolante per me. Quando non trovo con facilità la via per il tiro in porta mi inc…o parecchio, ma è normale, è nel DNA dell’attaccante voler stare il più possibile nel vivo della zona-gol; crescendo e maturando, tuttavia, capisci e accetti di fare anche tanto altro per il bene della tua squadra. Per questo, a 31 anni e da capitano del Bitonto, ho come unica ossessione il raggiungimento di un risultato finale positivo, ad ogni partita, e non altri fini personali meno importanti».